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Sono vere le famose capacità di rigenerazione del fegato?

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    Sono vere le famose capacità di rigenerazione del fegato?



    Morte e rinnovamento cellulare

    di Giulia Bianconi, 28 febbraio 2011

    Cosa c’è di vero in questi miti sulle cellule morte e sul rinnovamento cellulare? È vero che lasciamo in giro sciami di DNA? Davvero il fegato è capace di rigenerarsi del tutto?
    Ne abbiamo parlato con Paolo Pinton, docente di patologia generale all’Università di Ferrara, che insieme al suo team studia la genetica che si cela dietro a questi fenomeni.

    Nel film GATTACA si vede il protagonista (Ethan Hawke) strofinarsi energicamente tutte le mattine per togliersi di dosso cellule morte che perse nell’ambiente potrebbero tradire la presenza del suo DNA. Di che numeri parliamo?


    In un essere umano adulto ogni giorno muoiono dai 50 ai 100 miliardi di cellule. In un anno la massa delle cellule ricambiate è pari alla massa del corpo stesso. Ma in un organismo, non tutte le cellule hanno la stessa durata di vita: in un corpo umano le cellule della pelle vivono in media 20 giorni, quelle dell’intestino 7 giorni, i globuli rossi 120 giorni, quelli bianchi 2 giorni e le cellule neuronali e muscolari per tutta la vita. Per esempio, in questo momento, sulla nostra pelle “portiamo” migliaia di cellule morte che formano una barriera contro germi patogeni. Infatti, le cellule della pelle, una volta invecchiate, diventano sempre più superficiali fino a morire trasformandosi in una sostanza dura, la cheratina, che possiamo togliere semplicemente con il lavaggio. Ogni giorno si ha quindi un ricambio cellulare perpetuo, con cellule giovani che vanno a sostituire quelle vecchie. Così facendo, in un anno riusciamo a perdere, senza accorgercene, circa 20 chili di pelle. Un altro esempio evidente di ricambio fisiologico cellulare sono i nostri capelli: infatti il fusto è composto da tre strati di cellule morte. Entro certi limiti, la caduta dei capelli è un evento assolutamente fisiologico. A grandi linee, si ritiene normale la perdita di 40 – 120 capelli al giorno.

    Perché ad un certo punto le cellule muoiono?

    Durante la nostra vita la maggior parte delle cellule che costituiscono l’organismo invecchiano e muoiono. Queste cellule devono essere sostituite in modo tale che l’organismo possa continuare a svolgere tutte le sue funzioni in modo ottimale. Il numero di cellule presenti in un organismo deve sottostare ad una regolazione che non solo controlla la frequenza delle divisioni cellulari e quindi della generazione di nuove cellule, ma anche la frequenza di morte cellulare.
    Oltre a questa morte «fisiologica», la morte della cellula può rappresentare l’evento conclusivo dopo danni così gravi che i sistemi di riparazione non sono in grado di ripristinarne le condizioni vitali. Una cellula che si avvia alla morte modifica la sua struttura entro un ventaglio di variabili limitate; per questo motivo, sono state descritte principalmente tre modalità di morte cellulare: necrosi, apoptosi ed autofagia.

    Il primo tipo di morte, la necrosi, si può considerare come una morte violenta, ed è causata da condizioni extracellulari gravemente compromesse.
    L’apoptosi è invece un processo di morte che si può definire «altruista»; infatti, ad un certo punto, alcune cellule del corpo umano sono scelte per sacrificarsi e cedere spazio a nuovi elementi vitali. È perciò coinvolta in numerosi processi cellulari non necessariamente patologici, ed infatti è definita come morte cellulare programmata di tipo I.

    La morte cellulare programmata di tipo II è chiamata autofagia e viene definita come un processo che consente alle cellule di riciclare il proprio contenuto e di rimuovere in modo selettivo mitocondri e altri organelli danneggiati. Tale processo viene messo in atto dalle cellule sia in condizioni normali, per favorire il turnover delle proprie strutture intracitoplasmatiche, sia in condizioni di sofferenza, per sopperire alla mancanza di sostanze nutritive fondamentali. Di base si tratta quindi di un meccanismo di difesa che contrasta la stessa apoptosi, ma se troppo attivato promuove a sua volta la morte della cellula.

    Che differenza c’è, se esiste, tra suicidio e omicidio di una cellula?


    Certamente esiste una notevole differenza tra il suicidio e l’omicidio di una cellula!

    La necrosi (in greco Νεκρός, cioè morto) è il nome dato alla morte non programmata di cellule e tessuti viventi, ovvero corrisponde a quello che definiamo omicidio della cellula.

    Il termine apoptosi invece deriva dal greco, apo= oltre e ptosis= cadere, e letteralmente indica la caduta delle foglie dagli alberi o dei petali dai fiori; questa analogia sottolinea come la morte cellulare sia parte integrante e necessaria del ciclo cellulare di tutti gli organismi viventi. Si tratta di un vero e proprio suicidio cellulare, programmato e deciso dalla cellula.

    L’apoptosi tuttavia non viene sempre decisa dalla cellula stessa, a volte se ne occupano le cellule Natural Killer, linfociti che controllano lo stato di salute delle cellule nei diversi tessuti. Nel caso in cui la cellula incontrata da una Natural Killer presenti uno stato anomalo (es. l’infezione di un virus o la trasformazione in cellula tumorale) il linfocita rilascia una serie di fattori inducendo l’apoptosi nella cellula sottoposta a controllo.

    Come si organizzano i diversi apparati del nostro corpo? Sono vere le famose capacità di rigenerazione del fegato?

    Gli animali complessi sono costituiti da miliardi di cellule, formanti i tessuti. Un tessuto è infatti un gruppo di cellule e di materiali intercellulari che svolgono le stesse funzioni. Un insieme di tessuti forma un organo e l’insieme di vari organi forma un apparato o un sistema. È attraverso l’interazione e la cooperazione dei diversi apparati che viene garantito il corretto funzionamento di ogni cellula e di conseguenza la sopravvivenza dell’organismo.

    Le cellule del corpo umano infatti, ad eccezione di quelle nervose, vanno continuamente incontro a processi di divisione e proliferazione regolarmente bilanciati dai processi di morte, che permettono un corretto turnover cellulare e la completa rigenerazione di molti tessuti e organi dell’organismo.

    Un esempio è dato dal fegato, il quale ha una grande capacità di rigenerazione , in seguito ad un danno epatico, a interventi chirurgici (asportazione fino a tre quarti della sua massa) o a malattie virali.
    Gli epatociti (le cellule del fegato) hanno una vita media di 150 giorni, e in caso di asportazione di una parte del fegato o dopo l’assunzione di sostanze epatotossiche, questi proliferano consentendo la completa rigenerazione.

    Il meccanismo di rigenerazione è controllato da diversi fattori, come l’interleuchina 6 e il fattore di crescita epatocitario. Solitamente la rigenerazione avviene grazie all’incredibile capacità di replicazione degli epatociti restanti i quali lasciano il loro stato quiescente e si dividono, ma nel caso in cui il danno sia particolarmente elevato la rigenerazione avviene grazie all’attivazione delle cellule staminali epatiche.

    Le capacità rigenerative del fegato sono note fin dai tempi dell’antica Grecia. Troviamo, infatti, nei racconti della mitologia greca che Prometeo fu incatenato dagli dei ad una roccia dove un’aquila ogni giorno gli mangiava parte del fegato che però ogni notte si rigenerava rendendo quindi infinita la sua punizione per aver svelato il segreto del fuoco agli umani.


    L’interesse scientifico rivolto alla comprensione del processo di morte cellulare è estremamente elevato, lo si capisce dal ruolo che l’apoptosi riveste in numerose malattie.

    I ricercatori attraverso i loro studi tentano di fare luce sui processi che regolano tale fenomeno, allo scopo di poter in futuro intervenire sul processo di morte, prevenendo quindi l’insorgenza di importanti patologie. Da anni il mio laboratorio si occupa di studiare il processo apoptotico in numerose condizioni patologiche. In particolare, negli ultimi due anni abbiamo pubblicato importanti studi su prestigiose riviste internazionali (Science e PNAS) rivolti a chiarire il ruolo d’importanti oncosoppressori (PML e FHIT), proteine ad attività pro-apoptotica coinvolti nel contrastare l’insorgenza tumorale


    Fonte

    http://aulascienze.scuola.zanichelli.it/in...ento-cellulare/
     
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